Il blu era il colore in cui si identificava Pavel Čerenkov? Non lo sapremo mai, ma una cosa è certa nel 1934 osservò una strana emissione luminosa prodotta da particelle cariche che attraversavano un mezzo trasparente viaggiando ad alta velocità. Come nelle scoperte più sensazionali, inaspettatamente, Čerenkov osservò che una bottiglia d’acqua irradiata da una sorgente radioattiva emetteva un particolare bagliore blu, non imputabile alla fluorescenza poiché indipendente dalla sostanza.
Čerenkov, con l’aiuto dei colleghi Igor’ Evgen’evič Tamm e Il’ja Michajlovič Frank, riuscì a spiegare il fenomeno in forma matematica guadagnandosi, insieme ai suoi colleghi, nel 1958 il Premio Nobel per la fisica, diventando così i primi scienziati sovietici ad ottenere questa prestigiosa onorificenza. Da allora, l’affascinante bagliore blu prende il nome di “radiazione di Čerenkov“.
Ma perché questa luce blu è così intrigante e, soprattutto, come è possibile che una particella possa generare una luce del genere senza scontrarsi con l’assunto fondamentale che nessuna particella può superare la velocità della luce?
La fisica dietro il fenomeno di Čerenkovsi manifesta quando una particella carica, come un elettrone, attraversa un mezzo dielettrico (come l’acqua) con una velocità superiore alla velocità della luce in quel mezzo specifico. Qui entra in gioco una distinzione fondamentale dei mezzi di propagazione: infatti, la velocità della luce nel vuoto, universalmente nota come “c”, dal latino “celeritas”, è circa 299.792.458 m/s. Tuttavia, la velocità della luce in un mezzo diverso dal vuoto è inferiore a “c” per effetto dell’indice di rifrazione di quel mezzo. L’indice di rifrazione è definito come il rapporto tra la velocità della luce nel vuoto e la velocità della luce nel mezzo. Quindi, in acqua, dove l’indice di rifrazione è circa 1,33, la velocità della luce diventa pari al 75% del valore nel vuoto.
Quando una particella come un elettrone supera questa velocità, induce una polarizzazione temporanea nel mezzo che attraversa. Fino a che la velocità è inferiore al limite, i dipoli sono disposti simmetricamente intorno al percorso della particella, che si traduce in nessuna radiazione emessa, mentre, nel caso opposto si spezza la simmetria e si genera un momento di dipolo non nullo generando l’emissione di radiazione. L’elettrone tenderà ad attirare il nucleo dell’atomo positivo e a respingerne gli elettroni, creando così una piccola separazione di carica nell’atomo. L’energia spesa dalla particella nella polarizzazione degli atomi del mezzo viene restituita nel processo di diseccitazione sotto forma di radiazione coerente, tornando allo stato di equilibrio, il mezzo rilascia energia sotto forma di radiazione elettromagnetica che prende il nome di “radiazione di Čerenkov”.
La radiazione di Čerenkov presenta alcune caratteristiche uniche che la distinguono da altri fenomeni luminosi. Prima di tutto, questa radiazione si verifica solamente quando la velocità dell’elettrone supera la velocità di fase della luce nel mezzo attraversato. Inoltre, la sua intensità è inversamente proporzionale al quadrato della lunghezza d’onda, un aspetto che spiega il suo colore particolare, tendente alle tonalità più corte dello spettro visibile, cioè quelle bluastre e ultraviolette. Questo è il motivo per cui osserviamo la radiazione di Čerenkov con quel caratteristico colore blu. Infine, lo spettro energetico della radiazione, ovvero la distribuzione dell’energia emessa in funzione della frequenza e della distanza percorsa dalla particella nel mezzo, segue precisamente la formula sviluppata da Frank e Tamm. Tale formula descrive uno spettro continuo, privo delle discontinuità tipiche, ad esempio, dei fenomeni di fluorescenza.

La formula di Frank e Tamm mostra l’eleganza matematica dell’espressione del fenomeno fisico. Grazie ai modelli matematici sviluppati, è stato possibile creare tecnologie innovative e casi studi di grande potenziale.
Recenti studi hanno valutato l’efficacia della tecnica chiamata imaging a luminescenza di Čerenkov (CLI) nell’ambito della medicina oncologica. Nello specifico, è stato sperimentato l’utilizzo di CLI per visualizzare i linfonodi superficiali di pazienti sottoposti a tomografia a emissione di positroni combinata con tomografia computerizzata (PET/CT), impiegando come radiotracciante il ^18F-FDG. Sebbene la bassa intensità della luce Čerenkov renda la sua rilevazione difficile, lo sviluppo di nuovi strumenti clinici, come il fibroscopio CLI schermato dalla luce ambientale, ha permesso di superare questa sfida.
Uno studio clinico recente (identificativo ClinicalTrials.gov NCT03484884), condotto su 96 pazienti con tumori accertati o sospetti, ha dimostrato che la tecnica CLI presenta una concordanza del 90% con le tradizionali tecniche diagnostiche PET/CT. Inoltre, il CLI è stato in grado di rilevare informazioni terapeuticamente rilevanti in pazienti trattati con radioterapia mirata o con emettitori alfa, come il radio-223, che normalmente sfuggono alle metodiche cliniche convenzionali.
Questi risultati suggeriscono che il CLI potrebbe affiancare efficacemente le scansioni radiologiche convenzionali, offrendo importanti informazioni nella gestione clinica dei pazienti oncologici, in particolare nei casi in cui le metodiche diagnostiche attualmente disponibili non risultano sufficienti.
Così, quella che iniziò come la semplice osservazione di una tenue luce blu in una bottiglia d’acqua attraversata da radiazioni si è trasformata oggi in una risorsa straordinaria nella lotta contro il cancro, dimostrando come la fisica osservata nella quotidianità possa aprire nuove frontiere per la salute umana.