Scoperte recenti e simulazioni: verso la conferma del pianeta nove

La ricerca del Pianeta Nove, detto anche Pianeta X, non è solo tema di fantascienza, ma un problema attuale dell’astronomia moderna. Questo ipotetico corpo celeste, situato oltre l’orbita di Nettuno, sarebbe responsabile delle orbite anomale di numerosi oggetti trans-nettuniani.
Un recente studio, “Generation of Low-Inclination, Neptune-Crossing TNOs by Planet Nine”, pubblicato sulla rivista Astrophysical Journal Letters da Konstantin Batygin, Michael E. Brown, Alessandro Morbidelli e David Nesvorny, presenta l’indizio statistico più convincente finora a sostegno dell’esistenza del Pianeta Nove. Attraverso simulazioni al computer avanzate delle orbite degli oggetti trans-nettuniani, i ricercatori hanno dimostrato che le orbite osservate sono compatibili solo se si ipotizza la presenza di un nono pianeta con una massa circa cinque volte quella terrestre e situato a più di 500 unità astronomiche dal Sole. Senza l’esistenza di questo pianeta, le simulazioni non riescono a spiegare adeguatamente le dinamiche osservate.
Un altro studio, “Is There an Earth-like Planet in the Distant Kuiper Belt?” di Patryk Sofia Lykawka e Takashi Ito, esplora ulteriori evidenze a favore di un pianeta sconosciuto nel sistema solare esterno. Utilizzando simulazioni ad N corpi, i ricercatori hanno investigato l’impatto di un ipotetico pianeta simile alla Terra situato nella fascia distante della Cintura di Kuiper. I risultati suggeriscono che un pianeta di massa terrestre, con un’orbita inclinata e distante tra 250 e 500 unità astronomiche, potrebbe spiegare diverse caratteristiche osservate degli oggetti trans-nettuniani, inclusa la presenza di orbite estremamente eccentriche e inclinazioni elevate.
Questi studi offrono nuove prospettive e solide basi per continuare la ricerca del Pianeta Nove, delineando scenari che potrebbero portare alla sua scoperta.

Il Pianeta X è un corpo celeste ipotetico situato oltre l’orbita di Nettuno. La cui esistenza è stata proposta sulla base di discrepanze osservate nelle orbite dei pianeti esterni del Sistema Solare. In questo contesto, la “X” rappresenta un’incognita da risolvere.
Alla fine del XIX secolo, numerosi astronomi ipotizzarono l’esistenza di un pianeta oltre Nettuno, ispirati dal successo nella scoperta di Nettuno stesso. John Couch Adams e Urbain Le Verrier avevano individuato Nettuno attraverso calcoli matematici basati sulle deviazioni orbitali di Urano, Saturno e Giove. Seguendo questa logica, gli astronomi ritenevano che ulteriori anomalie nelle orbite di Nettuno potessero indicare la presenza di un altro pianeta sconosciuto.
Percival Lowell fu uno dei principali sostenitori dell’esistenza del Pianeta X, avviando due campagne di ricerca per individuarlo. La prima campagna si concluse nel 1909 senza risultati concreti, mentre la seconda, iniziata nel 1913 e terminata nel 1915, portò alla pubblicazione dei parametri teorici del Pianeta X. Durante queste osservazioni, l’osservatorio di Lowell registrò due deboli immagini di Plutone nel 1915, riconosciute ufficialmente solo nel 1930.
Inizialmente, Plutone fu considerato il candidato ideale per il Pianeta X. Tuttavia, la sua massa risultò insufficiente per spiegare le anomalie nelle orbite di Nettuno, prolungando la ricerca di un ulteriore pianeta. Le discrepanze orbitali furono successivamente risolte grazie ai dati della sonda Voyager 2, che, durante il suo passaggio vicino a Nettuno, consentì una stima più accurata della massa del pianeta, eliminando la necessità di postulare un pianeta ignoto per spiegare le orbite dei pianeti esterni.
Nonostante la risoluzione delle anomalie orbitali, l’interesse per la possibilità di pianeti oltre Nettuno rimase. La scoperta di numerosi oggetti trans-nettuniani ha ampliato la comprensione del Sistema Solare esterno. Nel 2004, l’oggetto trans-nettuniano Sedna fu inizialmente considerato come possibile decimo pianeta a causa della sua orbita estremamente distante. Nel 2005, la scoperta di Eris, un oggetto simile a Plutone, suscitò ulteriore interesse. Eris, al momento della scoperta, si trovava a 97 unità astronomiche dal Sole e presentava un’inclinazione orbitale di 44° rispetto all’eclittica. Queste scoperte portarono l’Unione Astronomica Internazionale a ridefinire la classificazione dei pianeti nel 2006, declassando Plutone a pianeta nano e riconoscendo numerosi oggetti simili nella Cintura di Kuiper.
Nonostante le riclassificazioni, l’ipotesi di un nono pianeta rimase. Nel gennaio 2016, gli astronomi Konstantin Batygin e Michael Brown del Caltech presentarono ulteriori prove indirette a sostegno dell’esistenza di un nono pianeta con lo studio “Evidence for a distant giant planet in the solar system”. Basandosi su modelli matematici dettagliati e simulazioni al computer, proposero che le orbite insolite di alcuni oggetti trans-nettuniani estremi potessero essere spiegate dalla presenza di un pianeta gigante con un’orbita molto allungata nel Sistema Solare esterno. Questa ipotesi, pubblicata nell’Astronomical Journal, si fonda su analisi teoriche anziché su osservazioni dirette.
Nel giugno 2017, l’Università dell’Arizona annunciò che alcune perturbazioni osservate nella Cintura di Kuiper potrebbero essere attribuite a un corpo di massa simile a quella della Terra o di Marte. Nel 2020, lo studio dell’orbita del pianeta extrasolare HD 106906 b, con una massa pari a 11 volte quella di Giove e un’orbita altamente eccentrica e inclinata, dimostrò la possibilità di pianeti con orbite simili a quelle ipotizzate per il Pianeta X. Questo esempio extrasolare suggerisce che il Pianeta X potrebbe essersi formato nelle prime fasi dell’evoluzione del Sistema Solare, acquisendo un’orbita insolita attraverso interazioni con Giove.
Tuttavia, c’è anche da sottolineare che nel 2022 uno studio guidato da Sigurd Naess non trovò evidenze a sostegno dell’esistenza di un nono pianeta. Utilizzando l’Atacama Cosmology Telescope in Cile, gli scienziati esaminarono possibili corpi in movimento orbitale a distanze comprese tra 300 e 2000 UA dal Sole, escludendo con una confidenza del 95% la presenza di un corpo massiccio in quelle regioni.
Al contrario, i due studi recenti citati in introduzione sembrano riportare ottime prospettive per la ricerca.

Il primo articolo esaminato, intitolato “Generation of Low-Inclination, Neptune-Crossing TNOs by Planet Nine” di Konstantin Batygin, Alessandro Morbidelli, Michael E. Brown e David Nesvorny, affronta la questione della formazione e distribuzione degli oggetti trans-nettuniani a bassa inclinazione e attraversanti l’orbita di Nettuno, ipotizzando l’influenza del Pianeta Nove.
La scoperta e la caratterizzazione della popolazione trans-nettuniana hanno rivestito un ruolo fondamentale nel riconsiderare l’evoluzione a lungo termine del Sistema Solare. L’analisi dettagliata della formazione della Cintura di Kuiper ha evidenziato le migrazioni dei pianeti giganti, ma sono emersi schemi orbitali anomali che non possono essere spiegati semplicemente dalla dinamica iniziale. Tali anomalie includono l’aggregazione delle linee apsidali delle orbite dei TNO a lungo periodo, l’allineamento dei loro piani orbitali, la presenza di oggetti con perieli estremamente distanti e una distribuzione estesa delle inclinazioni orbitali. Questi fenomeni suggeriscono l’esistenza di un corpo massiccio ancora non identificato, la cui influenza gravitazionale modella le regioni esterne dello spazio trans-nettuniano.
L’obiettivo principale dello studio è analizzare le origini dinamiche degli oggetti trans-nettuniani per valutare il loro potenziale come nuova prova dell’esistenza del Pianeta Nove. A tal fine, sono state condotte due serie di simulazioni numeriche: una simulazione con la gravità del Pianeta Nove, che facilita la generazione di orbite a lungo periodo, quasi planari e con perieli bassi; e una simulazione senza il Pianeta Nove, in cui l’evoluzione degli oggetti trans-nettuniani distanti è guidata principalmente dalla dispersione causata da Nettuno e dalle maree galattiche.
Le simulazioni sono state configurate includendo i pianeti giganti Giove, Saturno, Urano e Nettuno come perturbatori attivi, con il Pianeta Nove impostato con una massa di 5 masse terrestri, un semiasse maggiore di 500 unità astronomiche (UA), un’eccentricità di 0,25 e un’inclinazione di 20 gradi. Sono stati considerati anche gli effetti delle maree galattiche e dei passaggi stellari vicini. Le condizioni iniziali derivavano da modelli che simulano la formazione della nube di Oort interna, e un integratore numerico ad alta precisione è stato utilizzato per tracciare l’evoluzione delle orbite su un arco temporale di 4 miliardi di anni.
Il risultato è stato l’osservazione che le oscillazioni del perielio dei TNO distaccati sono guidate principalmente dall’accoppiamento del vettore di Runge-Lenz e dall’interazione inclinazione-eccentricità. Questi effetti permettono agli oggetti di attraversare l’orbita di Nettuno, rendendo l’evoluzione orbitale altamente caotica. Confrontando le simulazioni con e senza il Pianeta Nove, si è osservato che con il pianeta la distribuzione dei perieli è uniforme oltre le 16 UA, indicando che gli oggetti trans-nettuniani possono avvicinarsi al Sole senza essere fortemente influenzati da Nettuno. Senza il Pianeta Nove, si verifica un rapido declino nel numero degli oggetti trans-nettuniani con perieli inferiori a 30 UA, poiché Nettuno agisce come barriera dinamica.
Nel confronto con i dati reali, i risultati statistici hanno mostrato che i dati osservativi di 17 oggetti trans-nettuniani con caratteristiche orbitali specifiche supportano fortemente il modello che include il Pianeta Nove, mentre il modello senza P9 risulta significativamente meno compatibile con le osservazioni.
Questo studio fornisce nuove evidenze a favore dell’esistenza del Pianeta Nove, dimostrando che la sua influenza gravitazionale può spiegare la presenza di oggetti trans-nettuniani a lungo periodo con perieli bassi e inclinazioni moderate. L’inclusione del Pianeta Nove nei modelli dinamici offre una spiegazione unificata per diverse anomalie osservate nel Sistema Solare esterno, contribuendo a una comprensione più completa della sua evoluzione.

Il secondo articolo esaminato, intitolato “Is There an Earth-like Planet in the Distant Kuiper Belt?” di Patryk Sofia Lykawka e Takashi Ito, esplora l’ipotesi dell’esistenza di un pianeta simile alla Terra nella Fascia di Kuiper distante. Questo studio analizza come un corpo celeste di massa terrestre possa influenzare la dinamica degli oggetti trans-nettuniani e spiegare le caratteristiche osservate nella regione esterna del Sistema Solare.
Gli oggetti trans-nettuniani sono corpi celesti situati nella Fascia di Kuiper, oltre l’orbita di Nettuno, con un semiasse maggiore superiore a 30 unità astronomiche (UA). Costituiti principalmente da rocce e ghiaccio, questi corpi rappresentano i residui della formazione planetaria nel sistema solare esterno e forniscono informazioni cruciali sulla formazione e l’evoluzione dinamica dei pianeti giganti, inclusi i loro comportamenti migratori e le proprietà fondamentali del disco protoplanetario da cui originano.
Nonostante la scoperta di oltre 1000 oggetti trans-nettuniani appartenenti a diverse classi dinamiche, non esiste ancora un modello evolutivo unificato che spieghi l’intera struttura orbitale di questi oggetti. In particolare, lo studio si concentra sulla Fascia di Kuiper distante e identifica quattro principali vincoli che un modello di successo deve soddisfare: una significativa popolazione di oggetti trans-nettuniani distaccati con orbite oltre l’influenza gravitazionale di Nettuno e non bloccati in risonanza stabile con esso; una popolazione statisticamente rilevante di oggetti trans-nettuniani con alte inclinazioni orbitali non previste dai modelli attuali; sottopopolazioni di oggetti trans-nettuniani estremi con grandi perieli e alte inclinazioni, difficili da spiegare con i modelli esistenti; la presenza di oggetti trans-nettuniani risonanti bloccati in risonanze di moto medio con Nettuno su scale temporali di migliaia di anni.
I modelli evolutivi attuali, inclusi quelli che prevedono la migrazione graduale di Nettuno, non riescono a spiegare simultaneamente tutti i vincoli sopra elencati e, per superare tali limitazioni, gli autori propongono l’esistenza di un pianeta residente non ancora scoperto nella Fascia di Kuiper. Questo pianeta, con una massa compresa tra quella di Marte e della Terra, potrebbe spiegare le peculiarità osservate nella popolazione degli oggetti trans-nettuniani. L’idea non è nuova; tuttavia, i parametri orbitali e le masse proposte in questo studio differiscono da quelli considerati in ricerche precedenti.
Per investigare l’ipotesi, sono state condotte simulazioni numeriche a N-corpi che includono: Giove, Saturno, Urano e Nettuno, considerati nelle loro orbite attuali; varie configurazioni orbitali per il pianeta incognito, con masse da 0,1 a 3 masse terrestri, semiasse maggiore di 175–500 UA, perielio di 65–245 UA e inclinazioni orbitali di 0°–30°; una popolazione di oggetti trans-nettuniani del disco sparso primordiale; simulazioni eseguite per un periodo di 4,5 miliardi di anni.
Le simulazioni hanno rivelato che l’esistenza di un pianeta incognito con le proprietà suggerite può spiegare simultaneamente i quattro vincoli principali della Fascia di Kuiper distante. Questo pianeta influenzerebbe la dinamica degli oggetti trans-nettuniani su scale temporali di migliaia di anni, modellando la struttura orbitale osservata oggi.
Pertanto, questo studio supporta l’esistenza di un pianeta ancora non scoperto nella Fascia di Kuiper, con una massa compresa tra 1,5 e 3 masse terrestri, un semiasse maggiore tra 250 e 500 UA, un perielio di circa 195 UA e un’inclinazione orbitale di 30°.

Al di là dei dati di questi ultimi studi, sintetizziamo le caratteristiche principali che dovrebbero essere compatibili con questo corpo celeste.
È ipotizzato che il pianeta abbia un semiasse maggiore compreso tra 400 e 800 unità astronomiche, il che implica un periodo orbitale di circa 10.000-20.000 anni terrestri. Questa distanza lo posizionerebbe significativamente oltre Nettuno e Plutone, nell’area nota come Pallaceno, una regione ancora poco esplorata del Sistema Solare. La vasta estensione della sua orbita rende la sua individuazione estremamente difficile con le tecnologie attuali, contribuendo alla sua natura ipotetica.
L’orbita è caratterizzata da un’eccentricità compresa tra 0.2 e 0.6, indicando un percorso altamente ellittico. L’inclinazione orbitale è stimata tra 15° e 25°, abbastanza elevata da influenzare in modo significativo gli oggetti trans-nettuniani. Un’orbita inclinata consente al pianeta di interagire gravitazionalmente con corpi distribuiti in diverse regioni del Sistema Solare esterno, contribuendo a spiegare le anomalie osservate nelle orbite degli oggetti transnettuniani.
Si ipotizza che il perielio potrebbe essere orientato in modo tale da allineare le orbite degli oggetti trans-nettuniani. Questo allineamento potrebbe spiegare il raggruppamento osservato delle traiettorie e la concentrazione di oggetti con determinate caratteristiche orbitali in regioni specifiche del cielo.
Sebbene non sia ancora stata determinata con precisione, la massa è stimata essere circa 5 volte quella terrestre. Questo valore è necessario affinché il corpo possa esercitare l’influenza gravitazionale necessaria per modellare le orbite degli oggetti trans-nettuniani osservati. La composizione, sebbene non conosciuta, potrebbe essere simile a quella dei giganti gassosi interni, costituito prevalentemente da rocce e ghiaccio, oppure potrebbe avere una composizione diversa data la sua posizione remota.

A causa della grande distanza dal Sole, il pianeta nove risulterebbe estremamente debolmente luminoso da osservare dalla Terra. La sua bassa luminosità, combinata con la vasta area del cielo in cui potrebbe trovarsi, rende la sua rilevazione una sfida significativa. Le future operazioni di osservazione con telescopi più potenti, come l’Osservatorio Vera C. Rubin, potrebbero aumentare le possibilità di individuazione attraverso scansioni più approfondite e sensibili delle regioni del Pallaceno.
C’è da dire che alcuni astronomi propongono che le anomalie osservate possano essere spiegate da altre teorie, come la presenza di un disco di materia trans-nettuniano o influenze gravitazionali di stelle vicine passate nel sistema solare. Queste alternative suggeriscono che non sia necessario postulare un nuovo pianeta per spiegare le discrepanze orbitale, offrendo spiegazioni diverse senza introdurre un corpo celeste sconosciuto.
Inoltre, nonostante numerose ricerche, non è stata ancora osservata direttamente. La mancanza di conferme osservative concrete costituisce una delle principali critiche all’ipotesi, mantenendola nel regno delle teorie non verificate. Finché non verranno trovate prove dirette, rimane una delle possibili spiegazioni per le anomalie orbitale osservate, senza poter essere considerata definitivamente confermata. Le caratteristiche orbitali proposte, come il semiasse maggiore, l’eccentricità e l’inclinazione, sono stime basate su modelli teorici e simulazioni. Queste stime potrebbero variare con ulteriori osservazioni e miglioramenti nei modelli, introducendo un grado di incertezza nelle previsioni. Tale incertezza rende difficile definire con precisione le condizioni necessarie per la rilevazione. La presenza di altri corpi celesti, come pianeti nani o oggetti ancora non scoperti, potrebbe influenzare le orbite degli oggetti trans-nettuniani e complicare la ricerca. Le interazioni gravitazionali con questi corpi potrebbero mascherare o alterare gli effetti attribuiti, rendendo l’identificazione ancora più complessa.

Infine, l’esistenza di un pianeta massiccio al di fuori dell’orbita di Nettuno avrebbe profonde implicazioni per la dinamica complessiva del sistema solare. Potrebbe influenzare le traiettorie di comete, asteroidi e altri corpi celesti, aumentando la nostra comprensione dei meccanismi di stabilità e caos all’interno del sistema. Inoltre, potrebbe spiegare fenomeni come il flusso di oggetti interstellari che entrano nel sistema solare.
Potrebbe fornire indizi cruciali sull’origine e sull’evoluzione del nostro sistema solare. La sua posizione e le sue caratteristiche orbitali potrebbero suggerire interazioni passate con stelle vicine o processi di formazione planetaria unici. Ad esempio, potrebbe aver subito uno slittamento gravitazionale durante la formazione del sistema o essere stato catturato da interazioni gravitazionali con altre stelle nelle prime fasi di formazione.
La scoperta di un corpo così distante e massiccio potrebbe suggerire che corpi simili siano comuni in altri sistemi stellari, influenzando la ricerca di esopianeti e la comprensione della formazione dei sistemi planetari. Inoltre, la presenza di pianeti esterni massicci potrebbe indicare la dinamica gravitazionale complessiva in altri sistemi, fornendo un parallelo utile per la ricerca di pianeti extrasolari.
Alcune teorie suggeriscono che la sua presenza potrebbe avere implicazioni per la distribuzione della materia oscura nel nostro sistema solare. La sua massa e orbita potrebbero influenzare la distribuzione locale di materia oscura, fornendo un possibile banco di prova per teorie cosmologiche più ampie. Tuttavia, questa connessione rimane speculativa e richiede ulteriori ricerche per essere confermata.
L’ipotesi interseca anche le teorie di gravità modificata, che cercano di spiegare le anomalie gravitazionali senza postulare nuova materia. Esaminare come potrebbe coesistere o contraddire tali teorie è un’area di ricerca attiva. La conferma della sua esistenza potrebbe rafforzare le teorie gravitazionali tradizionali, mentre la sua non rilevazione potrebbe favorire l’adozione di modelli di gravità alternativa.

La scoperta del Pianeta Nove potrebbe inaugurare una nuova era nella ricerca planetaria, incentivando missioni spaziali mirate all’esplorazione di corpi celesti estremamente distanti e massicci. Inoltre, potrebbe stimolare la ricerca di altri pianeti esterni non ancora identificati sia nel nostro sistema solare che in sistemi stellari simili, ampliando la nostra comprensione della formazione e dell’evoluzione dei sistemi planetari. La presenza di un pianeta esterno massiccio potrebbe anche fornire un parallelo utile per la ricerca di esopianeti, influenzando le strategie di osservazione e le teorie di formazione planetaria a livello cosmico. L’ipotesi rappresenta una delle frontiere più intriganti e misteriose dell’astronomia moderna.

Torna in alto