Gli SMR sono reattori modulari e di piccole dimensioni, con una potenza fino a 300 MWe, rispetto ai reattori di quarta generazione che arrivano a 1500 MWe. Usano la fissione nucleare, scindendo atomi pesanti come l’uranio-238 per generare elettricità. Possono essere di vari tipi: termici, a neutroni veloci, raffreddati a gas o a sali fusi. I reattori modulari sono costruiti in fabbrica e assemblati sul sito, con un design unico che riduce costi e tempi di costruzione. Possono essere installati sottoterra, diminuendo i rischi legati a disastri naturali o attacchi terroristici. Sono flessibili e affidabili e possono essere collocati vicino a impianti esistenti per integrare fonti rinnovabili intermittenti come solare ed eolico. Il combustibile nucleare può durare fino a 25 anni, eliminando la necessità di sostituzioni frequenti come nei reattori tradizionali, con vantaggi in termini di costi e sicurezza. Inoltre, non emettono anidride carbonica. Nelle centrali nucleari di quarta generazione, le più moderne, i sistemi di sicurezza passiva funzionano senza intervento umano, grazie a circuiti di raffreddamento a convezione naturale e gravità, che spengono automaticamente l’impianto in caso di malfunzionamenti. Non necessitano di acqua esterna per il raffreddamento, rendendo le aree circostanti più sicure rispetto agli impianti tradizionali. Presentano i rischi nucleari tradizionali, come la gestione delle scorie e il rischio di incidenti. Tuttavia, vi sono due criticità aggiuntive: i sistemi passivi non sono completamente infallibili e non possono essere installati sottoterra in zone a rischio di inondazione. Ad ogni modo, le centrali nucleari di quarta generazione, pur essendo molto efficienti e producendo poche scorie, sono impianti di grandi dimensioni. Gli SMR, invece, pur mantenendo gli stessi standard di sicurezza sono più compatti, meno costosi e operativi in tempi più brevi. Tuttavia, potrebbero produrre più scorie, un problema da considerare attentamente prima dell’installazione.
Google, Microsoft, la startup Newcleo e Siemens sono tra i membri della coalizione promossa dalla Commissione Europea per sostenere lo sviluppo degli small modular reactors (SMR), piccoli reattori nucleari modulari. Questa alleanza mira a far avanzare l’industria europea nel settore, evitando di restare indietro rispetto a Stati Uniti e Cina. Con 286 partecipanti, tra cui università, piccole imprese e multinazionali, l’obiettivo è creare una rete che favorisca la produzione di SMR. Questi mini reattori atomici, più compatti rispetto alle centrali tradizionali, generano tra 10 e 300 megawatt grazie alla fissione nucleare e sono progettati per una produzione modulare e in serie. L’Unione Europea ha incluso il nucleare tra le tecnologie idonee a ricevere finanziamenti per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni. L’alleanza sui mini reattori nucleari (SMR) mira a creare un’industria interna capace di soddisfare il fabbisogno energetico dei 27 Paesi membri, evitando la dipendenza da fornitori esterni, come accaduto con la Cina per i pannelli solari. Avviata nel febbraio 2024, la rete di imprese e centri di ricerca punta a definire una strategia preliminare entro i primi mesi del 2025 e prevede l’installazione di un SMR entro il 2030. A settembre saranno selezionati i progetti da sostenere economicamente e a livello di ricerca, con otto gruppi di lavoro dedicati, dalla filiera di fornitura alla gestione delle scorie.
Parigi è il motore dell’alleanza sui mini reattori nucleari. Un partecipante su quattro è francese: 72 imprese, tra cui filiali di multinazionali come la statunitense Jacobs e la coreana Kepco, ma principalmente aziende e università locali. Tra queste, Orano, gigante francese dell’energia atomica con 4,8 miliardi di ricavi nel 2023, che sta sviluppando due progetti SMR, finanziati con 10 milioni di euro ciascuno dal governo francese nel quadro del piano France 2030, insieme alle startup Stellaria e Thorizon, entrambe membri dell’alleanza europea. Anche Newcleo, tramite la sua filiale francese, ha ottenuto a luglio l’autorizzazione per costruire reattori in Francia, con un piano di investimenti fino a 3 miliardi di euro, attirando l’interesse dell’Eliseo. Fondata a Londra nel settembre 2021, Newcleo è una startup piemontese che ha già completato due aumenti di capitale, raccogliendo 400 milioni di euro. Ha attirato l’interesse di investitori internazionali e collaborato con oltre trenta importanti attori dell’industria nucleare in Francia, Italia e Regno Unito, tra cui Enea ed Enel. Entro la fine del 2023, l’azienda prevede di aumentare il proprio organico da circa 200 a 500 dipendenti. Inoltre, selezionata tra i progetti di France 2030, ha avviato una partnership industriale con Naarea, altra startup francese e membro dell’alleanza europea. Dopo la Francia, l’Italia è il secondo Paese più rappresentato nell’alleanza europea per gli SMR, con 39 membri. Nonostante abbia abbandonato l’energia nucleare quasi 40 anni fa, la sua filiera industriale è rimasta attiva. Oltre a Eni ed Enel, ci sono Ansaldo Nucleare, che sviluppa tre modelli di SMR, Fincantieri e Rina, interessate alle applicazioni marittime, e l’Agenzia Industrie Difesa, che gestisce la produzione per le forze armate. Tra le aziende, Walter Tosto di Chieti, che fornisce componenti per il reattore sperimentale europeo ITER, Bellelli Energy di Mantova e Brembana&Rolle di Bergamo, specializzate in parti di reattori e scambiatori di calore. Tra le università, figurano Pisa e il Politecnico di Milano. La Polonia, con 18 membri, è il terzo Paese per partecipazione all’alleanza sugli SMR, riconosciuta come uno dei leader globali in questo campo. Seguono la Repubblica Ceca e la Germania, entrambe con 16 iscritti. Nonostante l’alleanza si dichiari “europea”, la Commissione ha usato il progetto anche per rafforzare legami diplomatici, coinvolgendo l’Ucraina, che possiede la più grande centrale nucleare d’Europa, Zhaporizhzhia, con 10 enti, tra cui Energoatom, e la Turchia con quattro iscritti. Anche gli Stati Uniti sono presenti attraverso filiali europee, tra cui Google e Microsoft, interessate a supportare lo sviluppo dell’industria nucleare per alimentare i loro data center, sempre più esigenti in termini di energia a causa dell’intelligenza artificiale. Questi giganti tech preferiscono finanziare la ricerca e assicurarsi contratti per testare tecnologie all’avanguardia, piuttosto che investire direttamente in impianti. Diversamente, multinazionali dell’energia nucleare come Westinghouse e Worley, tramite le loro filiali europee, puntano a finanziare direttamente nuovi modelli di SMR.
Per la Commissione Europea, l’alleanza sugli SMR rappresenta un ulteriore test per valutare l’efficacia delle sue coalizioni industriali, strumento cruciale per competere nel mercato globale. Attualmente, sono attive undici alleanze in settori come batterie, terre rare, fotovoltaico e semiconduttori, dove l’Europa è in ritardo rispetto a Cina e Stati Uniti. Ad esempio, l’alleanza europea sul cloud non ha ancora raggiunto i risultati sperati, con il predominio delle aziende statunitensi, acuito dall’avvento dell’AI generativa. La competizione sugli SMR è ancora aperta, sebbene Stati Uniti e Cina siano avanti. Secondo Wood Mackenzie, nel primo trimestre del 2024 i progetti SMR hanno raggiunto una capacità complessiva di 22 gigawatt, un aumento del 65% rispetto al 2021, per un valore di circa 176 miliardi di dollari. Gli Stati Uniti dominano con 7 gigawatt complessivi, mentre la Cina ha attivato il primo reattore alla fine del 2023. La commercializzazione degli SMR non è prevista prima del 2030. Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA), esistono diversi modelli di SMR a vari stadi di sviluppo. In Europa, gli ostacoli principali sono politici. L’energia nucleare ha ricevuto un impulso dopo l’invasione russa dell’Ucraina per garantire indipendenza energetica, ma i costi e i tempi per raggiungere gli obiettivi di zero emissioni al 2050 variano tra i Paesi. La IAEA sottolinea che la durata di un programma nucleare, dalla concezione alla realizzazione, può variare dai 10 ai 15 anni. Gli SMR, progettati per una produzione modulare e un assemblaggio semplificato, potrebbero avere tempi più brevi, ma al momento non ci sono dati sufficienti per confermarlo. È fondamentale che l’Europa si prepari dal punto di vista regolatorio per l’installazione degli impianti quando saranno disponibili. Parallelamente, l’Europa deve avanzare anche nel campo della fusione nucleare, con un obiettivo di accensione previsto per il 2050. Gli investimenti nella fusione hanno raggiunto i 7,1 miliardi di dollari a metà 2024, con un incremento di 900 milioni rispetto all’anno precedente. I finanziamenti pubblici sono aumentati a 426 milioni. Gli Stati Uniti sono il principale centro commerciale per la fusione nucleare, con 26 aziende dedicate, mentre l’Europa unita ha sei realtà nel settore, nessuna delle quali è tra le più finanziate. Nel dettaglio, il 28 aprile, il governo italiano ha annunciato la sua adesione all’iniziativa europea sui mini reattori modulari durante il G7 Ambiente, Clima ed Energia a Torino. L’obiettivo è avere il primo reattore modulare di produzione europea entro il 2030. Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha dichiarato: “Abbiamo deciso di aderire all’Alleanza Industriale Europea sui mini reattori per dimostrare il nostro impegno e interesse nello sviluppo di tecnologie all’avanguardia. I piccoli reattori modulari possono contribuire significativamente agli obiettivi europei di decarbonizzazione”. L’Alleanza Industriale Europea sui mini reattori modulari è stata lanciata a febbraio dalla Commissione Europea insieme alla raccomandazione sul target climatico intermedio al 2040. L’iniziativa mira a sottolineare il potenziale dell’energia nucleare tra le tecnologie a basso contenuto di carbonio per aiutare l’UE a ridurre le emissioni. Essa riunisce governi, operatori del settore e altre parti interessate per accelerare lo sviluppo di questa tecnologia, in risposta all’interesse crescente di diversi Stati membri. L’Italia, che già partecipava in modo sostanziale all’Alleanza in termini numerici e di competenze, ha ora formalizzato la sua adesione politica. Tra maggio e giugno è prevista la prima riunione dell’Assemblea generale, con l’obiettivo di elaborare, nel primo trimestre del 2025, un Piano d’azione strategico. Questo piano includerà dieci obiettivi, come mappare e monitorare la catena di approvvigionamento europea, identificare le future esigenze di ricerca e innovazione, e creare un’Accademia delle competenze nucleari.
Trattiamo anche il caso della startup Nano Nuclear. Attualmente, ci sono 160 sottomarini, portaerei e rompighiaccio nel mondo che utilizzano piccole centrali nucleari, secondo la World Nuclear Association. Se i reattori nucleari possono essere costruiti in dimensioni così compatte da adattarsi a un sottomarino, potrebbero anche essere trasportati con camion o elicotteri in comunità remote o siti minerari per fornire energia e calore a emissioni zero. James Walker, CEO di Nano Nuclear Energy Inc. di Vancouver, Canada, punta a rendere questa idea una realtà entro il 2030. L’azienda sta sviluppando micro-reattori portatili per servire principalmente comunità isolate e siti minerari, dove i generatori diesel sono l’unica fonte di energia. In Canada, le sabbie bituminose dell’Alberta potrebbero essere un mercato chiave per queste mini centrali nucleari a emissioni zero. Walker spiega: “Le piccole comunità del nord ci dicono che i costi del diesel per una comunità di 800 persone possono arrivare a 10 milioni di dollari all’anno. Lo stesso vale per le operazioni minerarie. I costi del carburante possono compromettere seriamente l’economia di queste attività”. Nano Nuclear non si limita a costruire mini reattori; ha anche un modello aziendale integrato che include la produzione e il trasporto del combustibile nucleare. “C’è un grande problema con la catena di approvvigionamento”, ha dichiarato Walker. “Per questo motivo, stiamo sviluppando il nostro business del combustibile per fornire tutto il settore. “L’uranio naturale non è fissile e deve essere arricchito per essere utilizzato nei reattori. Questo processo aumenta la percentuale dell’isotopo 235 dell’uranio, necessario per una reazione nucleare autosufficiente. Per i reattori tradizionali, l’arricchimento è tra il 3 e il 5 percento, mentre per i nuovi SMR può arrivare fino al 20 percento. Walker avverte: “Tutti gli SMR e le aziende nucleari affrontano problemi di approvvigionamento di combustibile, perché i reattori più avanzati richiedono un arricchimento del 10, 15 o 20 percento”. Il mercato dell’arricchimento dell’uranio è particolarmente promettente, soprattutto perché gli Stati Uniti devono sostituire il 12% di uranio arricchito che importavano dalla Russia, ora bandito. Una delle filiali di Nano Nuclear, Advanced Fuel Transportation Inc., si occupa del trasporto del combustibile nucleare. “C’è un grande problema nella catena di approvvigionamento”, ha detto Walker. “Stiamo cercando di risolvere questo problema sviluppando il nostro business del combustibile per fornire l’intera industria.” Nano Nuclear sta sviluppando due modelli di reattori con caratteristiche e tecnologie diverse ma progettati per essere contenuti in container standard. Entrambi i modelli saranno costruiti in fabbrica e poi trasportati pronti per l’uso. Il primo modello, chiamato Zeus, ha un nucleo completamente solido. Il calore prodotto dalla reazione può essere usato sia per energia termica che per generare elettricità. Questo modello utilizza un sistema di raffreddamento pressurizzato.
Nonostante il grande fermento, la situazione prevede anche degli svantaggi. Allora, l’idea si basa sulla possibilità di costruire i minireattori in fabbrica e poi trasportarli sul sito già pronti all’uso, promettendo riduzioni nei costi e nelle preoccupazioni legate alla sicurezza e alla gestione dei rifiuti. Tuttavia, un recente studio pubblicato nei Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), intitolato “Nuclear waste from small modular reactors”, mette in discussione queste promesse. Gli scienziati della Stanford University e dell’University of British Columbia hanno esaminato la gestione e lo smaltimento dei rifiuti nucleari prodotti dagli SMR. Nonostante le affermazioni sui benefici in termini di sicurezza e costi, il problema delle scorie radioattive rimane una criticità significativa per questi reattori. Gli autori dello studio hanno analizzato in dettaglio come i piccoli reattori modulari (SMR) influiscano sulla gestione e sullo smaltimento dei rifiuti radioattivi rispetto ai reattori tradizionali più grandi. Contrariamente a quanto spesso affermano i sostenitori della tecnologia, i risultati mostrano che gli SMR, rispetto ai reattori ad acqua pressurizzata (PWR) su scala gigawatt, producono un volume significativamente maggiore di rifiuti nucleari. Si aumenta il volume di combustibile nucleare esaurito, si aumenta il volume dei rifiuti ad alta attività, si aumeta il volume dei rifiuti a bassa e media intensità. Gli autori dello studio sottolineano che non è solo il volume delle scorie a essere importante, ma anche come esse influiscano sulle prestazioni dei depositi geologici. La potenza termica di decadimento e la radiochimica del combustibile esaurito sono fattori cruciali, e in questi aspetti gli SMR non offrono vantaggi rispetto ai reattori più grandi. Gli SMR non ridurranno la produzione di isotopi geochimicamente mobili, che sono significativi per le dosi di radioattività emesse e devono essere considerati nella progettazione dei depositi geologici. Inoltre, il combustibile esaurito degli SMR avrà concentrazioni relativamente alte di nuclidi fissili, il che richiede nuovi approcci per valutare le criticità dello stoccaggio e dello smaltimento delle scorie. Infine, poiché le proprietà dei rifiuti nucleari sono influenzate dalla fuoriuscita di neutroni, un processo intensificato nei piccoli reattori, gli SMR complicano ulteriormente la gestione e lo smaltimento dei rifiuti nucleari.