Nel vasto repertorio delle fiabe dei fratelli Grimm, c’è un racconto che, nonostante la sua origine nelle prime edizioni, è rimasto quasi del tutto sconosciuto al mondo, e per buoni motivi. Questa fiaba, dal titolo “Bambini che giocano a fare i macellai“, non solo non è mai arrivata in Italia, ma è stata volutamente rimossa anche dalle edizioni successive dei Grimm, a causa della sua natura macabra e inquietante. La storia è così cruenta che persino i Grimm, dopo aver ricevuto reazioni orripilate dai lettori, decisero di non ripubblicarla mai più.
Il racconto narra di un gruppo di bambini che, giocando insieme, decidono di simulare il lavoro del macellaio. Uno di loro viene nominato come il macellaio, un altro come il cuoco, e un terzo come il maiale. Ma ciò che potrebbe sembrare un semplice gioco d’infanzia prende una piega terrificante quando i bambini, invece di fingere, procedono con il macabro compito come se fosse reale. Il “macellaio” designato afferra il bambino scelto come “maiale” e, senza esitare, gli taglia la gola. Gli altri bambini continuano con la “preparazione” del pasto, come se fosse un’attività innocente e normale.
Un consigliere che passava di lì, assistendo alla scena, fa arrestare il giovane “macellaio”. Durante il processo, il giudice, commosso dalla giovane età del bambino, offre al piccolo un’alternativa: scegliere tra una mela e una moneta. Se avesse scelto la mela, sarebbe stato risparmiato; se avesse scelto la moneta, sarebbe stato condannato a morte. Il bambino, mostrando una furbizia inquietante, sceglie la mela, evitando così qualsiasi punizione.
Le fiabe dei Grimm non sono mai state note per la loro dolcezza; anzi, molte delle loro storie originali sono piuttosto cupe. Tuttavia, “Bambini che giocano a fare i macellai” rappresenta un caso estremo, tanto da essere esclusa dalle edizioni successive delle fiabe. Si racconta che persino gli stessi fratelli Grimm fossero inorriditi dal racconto e decisero di eliminarlo per sempre. Alcuni studiosi ritengono che la fiaba fosse considerata di pessimo gusto, e troppo cruenta per un pubblico giovane, al punto che lo scrittore tedesco Achim von Arnim la criticò apertamente, temendo che potesse influenzare negativamente i bambini, inducendoli a emulare gli eventi narrati.
Due versioni di questa fiaba sono state tramandate: una più lunga e una più breve. La versione più lunga descrive in dettaglio il terribile gioco dei bambini, mentre la versione breve è ancora più cruenta e diretta. La seconda versione recita “Un giorno un padre di famiglia macellò un maiale e i suoi bambini stettero a guardare. Nel pomeriggio poi si misero a giocare, e uno disse al fratellino: «Tu sarai il maialino e io il macellaio», prese un coltellaccio e glielo cacciò nel collo. La madre, che al piano di sopra stava facendo il bagno in un mastello all’ultimo nato, al sentire gli urli del bambino corse subito giù, e visto quel che era successo, gli tirò fuori il coltello dal collo, ma in preda alla collera lo ficcò nel cuore di quello che aveva fatto il macellaio. Poi corse su a vedere cosa faceva il bimbo nel mastello: nel frattempo era affogato. Tale fu allora l’angoscia della donna, che si dette alla disperazione, non ascoltò le parole di conforto dei lavoranti e si impiccò. Così, quando il marito tornò dal campo ed ebbe visto tutto, tanto si afflisse che di lì a poco morì.”
La crudezza di questa fiaba lascia molte domande senza risposta. Da dove deriva una storia così macabra? Quale messaggio morale, se ce n’è uno, si nasconde dietro questa narrazione? Non è chiaro se i Grimm abbiano compreso appieno la metafora o il significato di questa fiaba, ma è evidente che essa fosse considerata troppo disturbante per essere inclusa nelle edizioni successive delle loro opere.
Forse, è proprio per questo motivo che i Grimm decisero di relegare questa fiaba all’oblio, affinché non continuasse a turbare i lettori. Tuttavia, come spesso accade con le storie più oscure, essa è riemersa, continuando a suscitare stupore e inquietudine anche a distanza di secoli.