Recensione del libro “Scendevamo giù per la collina” di Gabriella Valera Gruber

Non bisogna giudicare un libro dalla copertina, è una giusta regola, ma a volte non c’è niente di meglio dell’eccezioni. In questo caso, del resto, si parte proprio dalla copertina.
Un’immagine e un verso si confondono in armonia: fin dal principio si può intuire che il messaggio dell’autrice prenda forma a partire da questi dettagli.
Si può pensare al titolo dell’opera come un invito, un’occasione per riflettere su come una poesia spesso nasca. Si può intuire che essa non si scriva, non si generi, una poesia è la trascrizione di un’atmosfera, di una sensazione che ci colpisce nella semplicità, nella quotidianità.
La discesa giù da una collina, che sia un evento reale o metaforico, suggerisce la calma, quasi bucolica, e la quotidianità che accoglierà l’ispirazione. Ma queste parole non bastano, è necessario entrare in profondità in questo processo: nella parte superiore della copertina si trova un’incisione. Si vede una scena alla mano, un vaso, una lampada, una finestra, un’immagine che fa parte della quotidianità di ciascuno. Tuttavia, a questa si sovrappone una composizione astratta, ricca di colori.
L’idea nella sua totalità si pone qui come il nocciolo della poesia. Il soprasenso si trasmette a partire da un piano tangibile: ad un primo sguardo la lirica è priva di senso pratico, eppure diventa presto suscettibile a diverse interpretazioni, una per ogni colore.
La poesia, del resto, questo è: parole alla portata di tutti, poste nello spazio e nel tempo in modo da far viaggiare l’anima.
“Scendevamo giù da una collina” è una sapiente alternanza di liriche e di incisioni: la carica intellettuale ed emotiva degli scritti vengono mitigate dallo stimolo visivo. La peculiarità del libro per cui diventa la volontà di portare il lettore ad abbandonarsi alla commistione dei sensi.
È interessante osservare che basti un semplice gesto, quale sfogliare velocemente le pagine del libro, per cogliere già dei dettagli importanti dell’opera.
La dedica restituisce una rapida e importante pennellata della personalità dell’autrice: “. . . tutti i miei amici . . . quanti non conobbi”. In questa frase non si delinea solo l’autrice in prima persona, ma anche il suo modo di fare poesia: la scrittura è altruistica e fa delle parole un dono per chiunque avesse bisogno.
Nelle liriche non è mai presente un titolo vero e proprio. Si può interpretare il fatto come un possibile invito per chi legge a non farsi condizionare, a leggere con la massima apertura, a dare un’interpretazione unicamente sulla base dei propri sentimenti, dei propri pensieri, del proprio vissuto e delle proprie necessità.
Occorre osservare che i versi si articolano secondo una tendenza narrativa ben evidente. Si percepisce la volontà di raccontare la propria storia attraverso le esperienze interiori e di condividerla e di metterla a disposizione degli altri.
Dunque, tra le poesie si può costruire un viaggio attraverso i pensieri, le atmosfere, le esperienze che convivono nell’autrice. Si percepisce, come fosse un sottofondo costante, il sincero amore che l’autrice nutre per tutto ciò che fa: l’amore per la parola pervade ogni aspetto.
Tutto questo si può tradurre nell’intenzione di coinvolgere da un lato il lettore in questo immenso affetto, dall’altro di proporre un’esperienza di sinestesia intensa e imprevedibile.
A volte, si vive in mezzo ad ampi paesaggi immersi in una natura tangibile e conosciuta, a volte ci si perde in un contesto sempre più profondo e misterioso.
In ogni caso è interessante osservare come l’io poetico convive con questa natura, addirittura è capace di giocare con lei, al tempo stesso, però, vuole condividere e travolgere l’umanità del lettore.
Si può essere d’accordo che in quest’ottica la poesia della Valera si ponga come una connessione tra una realtà terrena e una vita ultraterrena. Si sente saldo il contatto con il tema del dolore, legato
alla guerra, all’esperienza personale. Il ricordo permea spesso la trattazione. Infatti, si percepisce la rielaborazione tramite le parole. Dall’altro canto, però, si può isolare una tensione che vuole risolversi nei confronti di una dimensione astrale universale.
Nell’ambito della scrittura l’autore è portato a infondere se stesso o parte di sé o della propria storia nella sua opera; è normale, quindi, immaginare l’autore parlare del proprio libro, descriverlo e promuoverlo. Nel caso dell’opera della Valera, l’analisi effettuata porta a concludere che sia il libro a promuovere la propria autrice. Se il lettore è disposto a fidarsi, può trovare occasione per farsi avvolgere con la passione, con l’energia e con l’entusiasmo del suo lavoro.