È famoso l’esperimento mentale di immaginare una scimmia seduta davanti ad una macchina da scrivere: se pigiasse in maniera completamente casuale i tasti per un tempo virtualmente infinito la sequenza di lettere arriverebbe a riprodurre tutto ciò che è stato scritto e tutto ciò che si scriverà in futuro.
Concettualmente, è lo stesso tipo di riflessione che si fa se si considera che per contenere tutti i testi possibili basterebbe un unico volume di formato comune composto di un numero infinito di fogli infinitamente sottili.
Tutto questo si concretizza con il racconto “La biblioteca di Babele”, in cui Jorge Luis Borges narra di una biblioteca talmente vasta da costituire un intero universo.
La libreria si snoda su una dimensione spazialmente infinita ed è composta da gallerie esagonali impilate una sull’altra verticalmente, collegate da spirali e scale e comunicanti anche in senso orizzontale. Ciascuna sala ha 4 pareti con 5 scaffali l’una. Per ognuno ci sono 32 libri da 410 pagine. Quest’ultime hanno 40 righe l’una da 80 simboli, scelti tra 22 lettere, lo spazio, il punto e la virgola.
Si deduce che la biblioteca, date le innumerevoli strutture e, di conseguenza, il numero sterminato di volumi, contiene un numero infinito di aggregazioni di parole in tutti gli ordini possibili.
Si tratta di un universo caratterizzato da casualità e infinite possibilità.
Da questa idea, Jonathan Basile, un autore di Brooklyn, parte per ricreare la vastissima biblioteca all’interno di un sito internet.
Si parla di una notevole commistione tra letteratura e informatica. Ci si accorge che il mondo virtuale può riprodurre la naturale dimensione della biblioteca pensata da Borges, attraverso il linguaggio di programmazione.
Alla base della struttura del sistema vi è un generatore di numeri casuali, ne consegue che a tutta una serie di codici e lettere corrispondono infiniti titoli e infinite composizioni.
Questo tipo di tecnologia in senso lato richiama i concetti della filosofia greca di aggregazione e disgregazione atomica, in questo caso sono le lettere ad interagire continuamente.
Jonathan Basile ad oggi continua a curare il suo progetto libraryofbabel.info.
La peculiarità della biblioteca di Babele secondo Basile è il fatto che la corrispondenza tra contenuto e indice della pagina è garantita: il contenuto di tutti questi libri è predefinito. Per esempio, possiamo trovare i Promessi Sposi di Manzoni sempre nello stesso posto, persino questo articolo è presente in una pagina specifica della libreria.
Un fenomeno molto affascinante: la biblioteca di Babele, nella rappresentazione letteraria di Borges e poi nella resa virtuale di Basile, è il simbolo della conoscenza intesa come qualcosa in realtà di finito, con un limite oltre al quale non ci sia più niente da sapere. Il concetto della libreria comporterebbe la conseguenza, in un certo senso paradossale, della finitezza della scienza e dell’arte:
come dicevamo, sarebbe un modo per dimostrare che esiste un numero determinato di cose che possono essere dette e scoperte.
Indipendentemente dal fatto che si sostenga il concetto di finito o di infinito, questa deduzione, per quanto suggestiva, non è del tutto consistente. La finitezza, presentata in modo così formalistico, è priva di significato nel momento in cui si tratta di una quantità comunque completamente ingestibile sul piano umano. Inoltre, se di per sé si parla di finitezza, è riferita alla singola maniera di trasmissione dello scibile, la quale non esaurisce affatto il concetto di sapere. Potrebbe altresì rappresentare, pur nella sua immane mole, solo la punta di un ben più indefinibile iceberg di apprensione della conoscenza.
La Biblioteca di Babele, dunque, va oltre ciò che simboleggia in prima impronta: si tratta della possibilità di rendere chiaro e a portata di mano il fatto che il nostro universo, che sia finito o infinito, è comunque e sempre troppo grande per la dimensione umana.